Un quarto delle infezioni da Gram negativi che si verificano nelle unità di terapia intensiva italiane sono dovute a batteri resistenti ai carbapenemi, i betalattamici ad ampio spettro che vengono utilizzati per via endovenosa e solo in ospedale proprio per i casi più impegnativi e contro germi che hanno sviluppato una resistenza ad altri antibiotici.
Il dato emerge da uno studio multicentrico retrospettivo che ha analizzato la storia clinica di 299.000 pazienti ricoverati in reparti di terapia intensiva in Italia dal 2013 al 2022.
A fronte di un’attesa alta incidenza di infezioni gravi sviluppate nel corso della degenza (1,5 episodi a paziente ricoverato in terapia intensiva), è allarmante la frequenza con cui queste infezioni gravi (in particolare le polmoniti da ventilatore, le sepsi e le infezioni endoaddominali) sono dovute a germi resistenti. Queste infezioni erano per lo più dovute a batteri Gram negativi (Klebsiella spp., Pseudomonas aeruginosa, Acinetobacter), che nel 24,3% sono risultati resistenti ai carbapenemi (quasi in un caso su tre nelle infezioni da Klebsiella).
Negli anni della pandemia sono aumentate sia il numero di infezioni in terapia intensiva sia l’uso dei carbapenemi e ciò ha favorito la comparsa di resistenze batteriche.