Circa un quarto delle donne sane ospita un particolare batterio, lo streptococco beta-emolitico di gruppo B, nelle mucose genitali e nel retto. Questo batterio, di solito innocuo, può però trasmettersi al feto durante il parto e causare infezioni anche gravi. Per questo, nelle ultime settimane di gravidanza viene richiesto dal medico un test per verificare la presenza del batterio: se il risultato è positivo, viene raccomandata la somministrazione di antibiotici 24 ore o meno prima del parto per evitare che il germe venga trasmesso al nascituro durante il travaglio.
Uno studio finlandese si è posto l’obiettivo di valutare se la somministrazione dell’antibiotico in vicinanza del parto possa influenzare il futuro microbioma del neonato e se ciò possa a sua volta determinare un aumento del rischio di altre infezioni che non siano quelle da streptococco. È così emerso che in effetti i nati da mamme trattate con l’antibiotico prima del parto hanno una modifica del proprio microbioma e che incorrono in un rischio aumentato di infezioni, per fortuna non gravi, sia nel primo mese di vita sia a maggior distanza di tempo, fino a uno o due anni. Si tratta per lo più di infezioni delle vie urinarie.
Il microbioma del neonato influenzato dagli antibiotici della mamma
FOCUS: Pediatria
In pratica
I dati di questo studio non mettono in dubbio l’efficacia della profilassi antibiotica nelle donne con lo streptococco beta-emolitico, svelato grazie a un test raccomandato tra la 35° e la 37° settimana di gravidanza. Tale terapia antibiotica però può aumentare il rischio di infezioni da altri germi. Ciò fa capire quanto l’uso degli antibiotici sia difficile e vada deciso di volta in volta dal medico sulla base di una valutazione dei possibili rischi e benefici.
Bibliografia
Hakkola M, Ainonen S, et al. Intrapartum antibiotic exposure and infectious diseases in childhood – a population-based cohort study. Lancet 2024; https://www.thelancet.com/pdfs/journals/ebiom/PIIS2352-3964(24)00462-6.pdf Conflitti di interesse: 

