Secondo una metanalisi a rete, la prosecuzione della terapia endocrina adiuvante oltre i cinque anni nelle donne operate di tumore della mammella non metastatico positivo per i recettori degli estrogeni comporta un allungamento della sopravvivenza rispetto ai tradizionali cinque anni di terapia oggi raccomandati.
È ormai dimostrato che la terapia endocrina adiuvante somministrata per un lustro dopo l’intervento chirurgico per l’asportazione della massa tumorale riduce del 30% il rischio relativo di morte rispetto al non fare alcun trattamento.
I vari farmaci a disposizione
La terapia endocrina può oggi essere condotta ricorrendo a vari farmaci, la cui scelta deve tenere conto delle caratteristiche della paziente. Al vecchio tamossifene si sono via via affiancati gli inibitori dell’aromatasi (letrozolo, anastrozolo, exemestane) e ultimamente i farmaci che sopprimono la funzione ovarica (agonisti dell’ormone di rilascio delle gonadotropine).
La metanalisi è stata condotta sui dati relativi a 37 studi controllati e randomizzati per un totale di 107.684 donne per valutare le varie strategie di terapia endocrina adiuvante.
I risultati dello studio
La strategia più efficace a distanza di cinque anni è risultata l’associazione tra inibitori dell’aromatasi e soppressione della funzione ovarica nelle donne in premenopausa, mentre in quelle in post menopausa i risultati migliori si sono ottenuti con i soli inibitori dell’aromatasi o con un cambio di farmaci (tamossifene e inibitori dell’aromatasi) strada facendo.
Una volta terminati i cinque anni oggi consigliati di terapia, la prosecuzione per altri cinque anni degli inibitori dell’aromatasi si associava a un miglioramento della sopravvivenza libera da malattia a 8 anni (85,8%) rispetto alle donne in cui era stato interrotto il trattamento (78,1%) o a quelle che avevano proseguito con il tamossifene (81%).