In molti casi è possibile ridurre la durata standard della terapia antibiotica e questo potrebbe portare a un minor uso di questi farmaci e a una conseguente riduzione del fenomeno della resistenza batterica.
L’importanza di aderire alla terapia
Quando si prende un antibiotico per curare un’infezione bisogna sempre prenderlo dietro consiglio e prescrizione medica, rimanendo aderenti a quanto indicato dal medico per quanto riguarda le modalità di assunzione, la dose e la durata della terapia. L’interruzione di una terapia antibiotica rischia infatti di non consentire la guarigione e di selezionare solo germi resistenti, così come una terapia troppo prolungata espone solo a un aumento del rischio di effetti avversi e ancora una volta alla comparsa di ceppi batterici resistenti.
Se quindi è importante prendere l’antibiotico per il numero di giorni indicati dal medico, è altrettanto vero però che da un po’ di tempo sono in corso ricerche che mirano a valutare se si possa o meno ridurre la durata dei trattamenti nelle varie infezioni.
I risultati dalla letteratura scientifica
Ora una revisione degli studi pubblicati in letteratura scientifica fa il punto su questi tentativi. I ricercatori hanno identificato oltre 300 studi che hanno affrontato l’argomento confrontando i risultati di cicli più brevi o più lunghi degli antibiotici in molte infezioni, dalle cistiti alle sinusiti, dalle polmoniti alle infezioni addominali.
Ebbene, nell’85% dei casi la riduzione della durata della terapia rispetto ai tempi tradizionalmente indicati non comporterebbe una riduzione dell’efficacia del trattamento, a fronte di un minor rischio di comparsa degli effetti collaterali. Ciò è vero soprattutto per le infezioni meno gravi, mentre i dati sono per ora contrastanti quando si devono curare infezioni gravi in pazienti ricoverati.
Si segnala anche la notizia Si può accorciare la durata della terapia antibiotica? pubblicata a marzo su InFarmaco.