Gli effetti negativi di alcuni farmaci per l’immunoterapia dei tumori possono protrarsi nel tempo e alcune conseguenze possono addirittura comparire dopo oltre un anno dal termine delle cure. Per questo è importante seguire i controlli programmati dal medico e segnalargli subito eventuali nuovi disturbi.
Che cos’è l’immunoterapia dei tumori?
Il nostro organismo, grazie al sistema immunitario, ha capacità di difesa naturali, queste possono agire contro i microbi per contrastare le infezioni, ma anche contro la comparsa di cellule atipiche, quelle cellule che moltiplicandosi danno origine ai tumori. In questo hanno un ruolo fondamentale alcune cellule, i linfociti T.
Si è osservato che in molti tipi di cancro, proprio a causa del tumore, queste difese immunitarie sono frenate. Negli ultimi anni si è perciò sviluppato un filone di ricerca che ha mirato a togliere questo freno, in modo che i linfociti T siano anzi stimolati a combattere le cellule neoplastiche. È nata così una classe di farmaci noti come inibitori del checkpoint immunitario, così detti perché inibendo questo freno favoriscono l’azione delle difese immunitarie.
Queste terapie sono risultate molto efficaci soprattutto in alcuni tipi di tumore come il melanoma, alcune forme di tumore del polmone o il tumore del rene.
Stimolando il sistema immunitario questi farmaci potrebbero però anche avere effetti avversi non solo durante o subito dopo la somministrazione della terapia ma anche a distanza di tempo e di ciò si è occupata una ricerca statunitense.
Che cosa dice lo studio
Un gruppo di oncologi del Massachusetts ha raccolto retrospettivamente le cartelle cliniche di quasi 800 pazienti con tumore trattati con l’immunoterapia tra il 2011 e il 2022, per vedere se nei mesi o negli anni successivi ci fossero stati dei ricoveri dovuti alla comparsa di effetti collaterali gravi imputabili all’uso di questi farmaci.
Si è visto che nella maggior parte dei casi questi disturbi comparivano nei primi mesi dopo la terapia, ma che nel 15% dei casi si manifestavano dopo 6-12 mesi e nell’11% dei casi addirittura dopo un anno. Gli effetti avversi tardivi riguardavano soprattutto il rene e il sangue.