Non è sempre necessario ricorrere all’intervento chirurgico nel tumore dell’esofago se la chemio-radioterapia neoadiuvante ottiene una risposta soddisfacente della malattia
La chemio-radioterapia funziona nel tumore dell’esofago


Non è sempre necessario ricorrere all’intervento chirurgico nel tumore dell’esofago se la chemio-radioterapia neoadiuvante ottiene una risposta soddisfacente della malattia
Una buona risposta alla chemio-radioterapia neoadiuvante in caso di carcinoma dell’esofago localmente avanzato può suggerire di posticipare l’intervento chirurgico solo in caso di ripresa della malattia. La prassi per i pazienti non immediatamente operabili è di proporre una chemio-radioterapia neoadiuvante per ridurre le dimensioni del tumore e procedere successivamente all’intervento chirurgico. Dopo tale trattamento una certa quota di pazienti ha una risposta completa, non essendo più rintracciabili cellule tumorali alle biopsie esofagee ed essendo negative sia l’ecografia sia la PET-CT. Da ciò è venuta l’idea di poter evitare l’intervento chirurgico a questi pazienti, proponendolo solo in caso di ricomparsa della malattia. Uno studio multicentrico olandese di non inferiorità di fase 3 ha quindi verificato se la sorveglianza attiva, una volta fatta la chemio-radioterapia neoadiuvante, possa essere una valida alternativa alla chirurgia nei pazienti con risposta clinica completa...
A differenza di quanto accade in Italia, in molti Paesi occorre pagare le cure contro il cancro. Particolarmente svantaggiati sono i cittadini dei Paesi a medio-basso reddito.
La chemioterapia intraperitoneale ipertermica durante l’intervento chirurgico migliora la sopravvivenza delle donne in caso di ripresa della malattia
L’IPEC, la chemioterapia intraperitoneale ipertermica, allunga la sopravvivenza in caso di tumore dell’ovaio anche quando c’è una ripresa della malattia dopo un precedente ciclo chemioterapico. Uno studio controllato e randomizzato internazionale ha arruolato 415 donne con tumore dell’ovaio con una ripresa della malattia dopo che erano state sottoposte a 6 mesi di chemioterapia a base di platino più o meno bevacizumab. Venivano assegnate all’intervento chirurgico con IPEC o senza, confrontando poi la sopravvivenza globale. A un follow up mediano di 6,2 anni, era deceduto il 65% delle donne (61% delle trattate con l’IPEC rispetto al 68% dei controlli). L’IPEC migliorava significativamente la sopravvivenza globale (hazard ratio 0,73, limiti di confidenza al 95% da 0,56 a 0,96, p=0,024). La sopravvivenza mediana è stata di 54,3 mesi nelle donne operate con IPEC e di 45,8 mesi nei controlli. A fronte di questa maggiore efficacia, l’IPEC si associava però a una maggiore frequenza di...
La decisione di iniziare una chemioterapia durante la gravidanza per la cura di un tumore non pone il feto particolarmente a rischio. La gestione del cancro in gravidanza impone il bilanciamento tra la necessità di trattare la neoplasia materna e la tutela del feto. La tendenza, se possibile, è quella di ritardare la chemioterapia fino al post partum, ricorrendo a un parto programmato anticipato di qualche settimana. In alcuni casi, però, l’inizio della chemioterapia non è procrastinabile ed è analizzando questi che uno studio di coorte condotto in Canada ha valutato l’associazione tra l’esposizione prenatale alla chemioterapia e tre esiti: morbilità e mortalità neonatale (breve termine), disturbi del neurosviluppo e condizioni croniche pediatriche complesse (lungo termine). Su 1.150 donne con tumore in gravidanza, 142 (12,3%) sono state trattate con una chemioterapia nel secondo o terzo trimestre di gestazione. Tra queste si è osservato in effetti un aumento del rischio di morbilità...
In caso di tumore in gravidanza l’idea di posporre la chemioterapia una volta partorito, a tutela della salute del feto, non sembra essere la scelta migliore
La chemioterapia perioperatoria FLOT (fluorouracile, leucovorina, oxaliplatino e docetaxel) somministrata in 4 cicli prima dell’intervento chirurgico e altri 4 dopo l’intervento allunga la sopravvivenza dei pazienti con adenocarcinoma esofageo resecabile rispetto alla usuale chemioterapia preoperatoria a base di carboplatino e paclitaxel associata alla radioterapia. È quanto emerge da uno studio multicentrico controllato e randomizzato condotto in Germania che ha confrontato 221 pazienti con tumore dell’esofago operabile trattati con FLOT e 217 pazienti trattati con chemioradioterapia preoperatoria . La sopravvivenza globale a tre anni era del 57,4% nel gruppo FLOT e del 50,7% nel gruppo di controllo (hazard ratio 0,70, p=0,01). La sopravvivenza libera da malattia è stata del 51,6% nel gruppo FLOT e del 35% nel gruppo di controllo (hazard ratio 0,66). L’analisi ha però riportato riportato un numero maggiore di effetti avversi di grado 3 o superiore tra i pazienti trattati con FLOT...
Una chemioterapia fatta prima e dopo l’intervento chirurgico sembra allungare la sopravvivenza delle persone con tumore dell’esofago operabile.
L’obiettivo di ridurre i cicli di chemioterapia può migliorare l’adesione alle terapie a parità di efficacia.
L’obiettivo di ridurre i cicli di chemioterapia può migliorare l’adesione alle terapie a parità di efficacia.
Negli anziani in chemioterapia l’uso di più farmaci aumenta il rischio di interazioni farmacologiche che possono compromettere l’efficacia e la sicurezza delle cure.
Negli anziani in chemioterapia l’uso di più farmaci aumenta il rischio di interazioni farmacologiche che possono compromettere l’efficacia e la sicurezza delle cure.