Una revisione sistematica con metanalisi suggerisce che la terapia oncologica sistemica (chemioterapia, endocrinoterapia, immunoterapia) somministrata in gravidanza, se iniziata dopo la 14ª settimana, non si associa a un aumento significativo di esiti avversi neonatali, come aborto spontaneo, anomalie congenite, morte intrauterina o neonatale, basso peso alla nascita o punteggio di Apgar inferiore a 7 alla nascita. Ci sarebbe invece un’associazione tra terapia oncologica sistemica e il rischio di parto pretermine.
I risultati dello studio
Sebbene i ricercatori abbiano preso in esame un’ampia finestra temporale, dal 2001 al 2025, solo cinque studi hanno soddisfatto i criteri di inclusione, confermando la scarsità della letteratura al riguardo.
I dati analizzati riguardano 427 neonati di donne esposti a terapia oncologica sistemica durante la gravidanza e 283 di donne non esposte.
Dall’analisi è emerso un aumento dei parti pretermine tra i neonati di donne esposte,con un odds ratio che variava tra 1,85 e 24,0 nei diversi studi, indicando quindi una possibile associazione tra esposizione in utero a farmaci oncologici e rischio di nascita prima della 37ª settimana. Tuttavia, va sottolineato che in molti casi il parto pretermine era una scelta clinica, finalizzata ad anticipare il trattamento materno o a concluderlo in sicurezza, e non una conseguenza diretta della tossicità farmacologica. A questo fine il parto veniva spesso indotto o programmato con taglio cesareo, soprattutto nelle donne sottoposte a chemioterapia nel terzo trimestre di gravidanza.
Non sono emerse invece differenze statisticamente significative tra le donne dei due gruppi in termini di aborto spontaneo, malformazioni congenite, morte intrauterina o neonatale, basso peso alla nascita o punteggio di Apgar a 5 minuti.
I trattamenti valutati
La maggior parte delle donne è stata trattata con chemioterapia a base di tassani, antracicline, agenti alchilanti, alcaloidi della vinca, antimetaboliti e composti del platino. Solo due donne avevano ricevuto la terapia ormonale e una era stata trattata con anticorpi monoclonali oltre alla chemioterapia.
Nella quasi totalità degli studi considerati, la terapia oncologica era iniziata dal secondo trimestre di gravidanza e ciò potrebbe spiegare l’assenza di aumento del rischio di malformazioni congenite e aborto.
Diagnosi di cancro in gravidanza e parto anticipato
L’incidenza delle diagnosi di cancro durante la gestazione è in aumento, soprattutto per effetto dell’età materna sempre più avanzata al concepimento. Sempre più donne si trovano a gestire al contempo gravidanza e cure oncologiche (si calcola una gravidanza su mille), i dati però sugli effetti delle terapie oncologiche sistemiche restano limitati, come sottolinea questa revisione sistematica.
Per limitare l’esposizione del feto ai farmaci molto spesso si opta per l’anticipo del parto intorno alla 37a settimana, pratica che di per sé però può esporre il bambino a rischi. Su questo argomento vedi anche la news Chemioterapia in gravidanza in caso di tumore.