Ricevere una diagnosi di tumore durante la gravidanza pone molti interrogativi. Si stima che in una gravidanza ogni mille si abbia la diagnosi di un tumore e questo impone di capire quanto siano sicure le terapie da mettere in atto per curare la malattia senza esporre il futuro nascituro a troppi rischi. Quando possibile, i medici cercano di posticipare la terapia fino al parto. Tuttavia, in molti casi non è possibile aspettare e il trattamento va iniziato durante la gestazione.
Che cosa fare quando non si può attendere
Il consiglio in questi casi è di cercare comunque di iniziare le cure oncologiche una volta trascorse le prime 14 settimane, durante le quali si formano gli organi del feto e si potrebbe correre il rischio di malformazioni fetali o di aborto.
Una revisione sistematica ha cercato in letteratura scientifica tutti gli studi nei quali erano forniti dati sull’esito della gravidanza in donne con un tumore scoperto e trattato nei nove mesi con chemioterapia, terapia endocrina o immunoterapia. I risultati della ricerca sono tranquillizzanti anche se i dati disponibili sono pochi, soprattutto concentrati sulla chemioterapia, e non consentono di trarre conclusioni definitive. Le cure oncologiche iniziate durante la gravidanza sembrano non aumentare il rischio di aborto spontaneo, di morte del neonato o di basso peso alla nascita. Potrebbe invece esserci un aumento del rischio di parto prematuro, con le conseguenze del caso. Nelle donne trattate con le terapie oncologiche si è visto infatti un numero più alto di nascite prima della 37<sup>a</sup> settimana, anche se va detto che in molti casi il parto viene anticipato volutamente dal medico per poter poi trattare in maniera più incisiva il tumore della madre.
Per quanto riguarda le possibili malformazioni fetali queste non sembrano aumentare nelle donne trattate con i farmaci oncologici, ma anche qui i dati sono frammentari e molto dipende dal trimestre in cui viene iniziata la terapia, quanto più è precoce tanto più aumenta il rischio.